La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale per i Minorenni di Firenze a seguito di un ricorso presentato da una persona non coniugata, la quale aveva presentato al predetto Tribunale una dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero. 
La questione di illegittimità costituzionale è stata promossa avverso gli artt. 29-bis comma 1 e 30 comma 1 della Legge n. 184 del 1983, in riferimento all’art. 117 primo comma della Costituzione, in relazione all’art. 8 CEDU, da leggersi in maniera integrata e coordinata con l’art. 2 della Costituzione. Per il Tribunale, le norme censurate «costituiscono effettivo impedimento alla valutazione di idoneità adottiva delle persone non coniugate che dichiarano la propria disponibilità all’adozione di minori stranieri» e lo stesso ha precisato che «a seguito di apposita indagine psico-socio-familiare, sia sotto il profilo della consapevolezza del progetto adottivo che delle caratteristiche personologiche/psicologiche», la ricorrente era risultata idonea a adottare. 
Per il Tribunale, nel negare alla persona non coniugata residente in Italia la possibilità di presentare la dichiarazione di disponibilità a adottare un minore straniero e nell’impedire al giudice di dichiarare la persona non coniugata idonea all’adozione, tali norme non realizzerebbero il fine della tutela dell’interesse del minore e violerebbero il diritto al rispetto della vita privata, oltre a non rispondere a uno scopo legittimo, né a un’esigenza sociale pressante, posto che anche il nucleo familiare «monoparentale (considerata anche la rete famigliare di riferimento) può servire lo scopo della rispondenza al principio del “foyer stable et harmonieux” (ambiente stabile e armonioso). 
Inoltre, la preclusione dell’adozione internazionale alle persone singole non sarebbe più necessaria in una società democratica, essendo ormai venuta meno, a livello normativo e giurisprudenziale, l’idea che solo la bigenitorialità possa garantire la crescita armoniosa del minore. 
A sostegno della non totale preclusione dell’ordinamento rispetto all’idea di una genitorialità adottiva monoparentale, il Tribunale ha fatto riferimento ai casi di adozione particolare di cui all’art. 44 della Legge 184 del 1983, ai quali può accedere anche la persona non coniugata. 
Al procedimento di legittimità costituzionale, è intervenuta anche la Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha chiesto che le questioni sollevate fossero dichiarate inammissibili o comunque manifestamente infondate ed ha eccepito l’erronea o incompleta identificazione della norma censurata, poiché l’ordinanza di rimessione del Tribunale di Firenze censurava gli artt. 29-bis comma 1 e 30 comma 1 della legge n. 184 del 1983, anziché l’art. 6 della medesima legge sui requisiti soggettivi di accesso all’adozione. L’omesso riferimento diretto all’art. 6 avrebbe integrato, a detta della Presidente del Consiglio, un vizio di inammissibilità. Inoltre, secondo la difesa statale, «la sede istituzionale competente ad apprezzare la denunciata “distonia” tra il mutato contesto sociale e il tessuto normativo attualmente vigente» sarebbe quella delle scelte politiche, spettanti alle «forze abilitate ad esprimere – grazie al meccanismo rappresentativo e democratico – le reali istanze della collettività». 
In ogni caso, a detta dell’Avvocatura generale dello Stato, la manifesta infondatezza sarebbe stata attestata avendo riguardo al miglior interesse del minore. Nel caso dell’adozione internazionale, per il minore, sradicato dal contesto familiare e sociale d’origine e, dunque, particolarmente vulnerabile, il miglior interesse non può che essere quello di essere accolto in una famiglia come quella riconosciuta dall’articolo 29 della Costituzione, quindi, composta da un padre e da una madre. 
Infine, lo Stato ha sollevato un’ulteriore eccezione fondata sulla conseguente discrasia tra adozione internazionale e quella nazionale, se la Corte avesse, come ha fatto, autorizzato l'accesso all'adozione di minori stranieri anche alla persona non coniugata.
In relazione alle norme censurate, la Corte costituzionale ha, innanzitutto, ritenuto come la questione di legittimità sia stata correttamente sollevata dal Tribunale di Firenze, poiché l’art. 29-bis, comma 1, della legge n. 184 del 1983 opera un espresso rinvio all’art. 6 della medesima legge, il che svuota di significato l’eccezione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
Inoltre, la Corte ha ritenuto che la censura promossa dal Tribunale di Firenze fosse completa. Il rimettente, infatti, può (anzi, deve) censurare la sola norma che è chiamato ad applicare nell’ambito del giudizio principale, tanto più che l’adozione internazionale presenta tratti autonomi rispetto a quella interna con la quale condivide solo alcuni profili della disciplina. Pertanto, anche in riferimento all'eccezione statale sulle discrasie sistematiche e alla disparità di trattamento fra adozione internazionale e adozione interna, la Corte ha ritenuto che la censura mossa dal Tribunale di Firenze non fosse inammissibile. 
Quanto all’oggetto del giudizio, la Corte ha ritenuto di dover limitare la questione di legittimità costituzionale al solo art. 29-bis, comma 1 e non anche al successivo art. 30 comma 1. Infatti, se la persona singola venisse inclusa fra coloro che hanno i requisiti per presentare la dichiarazione di disponibilità a adottare e per chiedere l’idoneità all’adozione, il Tribunale non potrebbe emettere un decreto di insussistenza dei requisiti, sulla base dell’art. 30 comma 1, motivandolo sullo stato libero del richiedente.
La Corte Costituzionale, in linea con le motivazioni addotte dal Tribunale per i Minorenni di Firenze, ha ritenuto che le censure sollevate in riferimento agli artt. 2 e 117 primo comma della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU, fossero fondate e, pertanto, oggi, anche le persone non coniugate possono avere accesso all’adozione internazionale. 
Spetta ora al Parlamento eliminare la discrasia con l’adozione nazionale che resta, per adesso, accessibile solo alle coppie sposate.​​